Nacque a Prato tra il 1270 e il 1275 da una agiata famiglia di notai. La sua fede ghibellina lo condusse all’esilio,insieme al padre e al fratello, prima a Pisa (dal 1306) poi, come tanti esuli toscani “bianchi”, ad Avignone. Qui, sotto la protezione del cardinale Niccolò da Prato, esercitò in maniera occasionale la professione di notaio e, con maggiore continuità, l’insegnamento di grammatica, retorica e dialettica.
Convenevole e Petrarca
Ad Avignone divenne maestro di Francesco Petrarca che lo rievoca spesso nelle sue lettere, principalmente nella Senile XVI,1 e nella Posteritati. L’immagine che ci viene trasmessa dal grande poeta è quella di un bravo insegnante, totalmente inadatto però alla vita pratica e piuttosto incostante, tanto che: ogni giorno incominciava un libro con dei titoli bellissimi, ma dopo aver scritto il proemio – che pur venendo al principio del libro suole scriversi per ultimo – volgeva la sua instabile immaginazione ad altra impresa” (Seniles XVI,1).
L’attività letteraria di Convenevole quindi, secondo il Petrarca era costituita da soli inizi di opere, titoli e poemi, progetti subito abortiti a causa dell’irrequietezza connaturata del maestro. Ma ci sono elementi per ritenere che di tante iniziative ne sia stata realizzata almeno una, anche se arrivata a noi anonima: un libro figurato di poesie latine in onore di Roberto D’Angiò, “Regia Carmina”. E’ una raccolta medievale di canti liturgici, costituita da circa 3700 versi, in metri vari, intervallata da tre brani in prosa e da miniature che sono parte integrante del messaggio. Anche se l’autore di tale opera si autodefinisce “Professor Pratensis” è stata abbastanza dibattuta l’attribuzione a Convenevole, sostenuta soprattutto dallo storico Pratese Giulio Giani.
Francesco Petrarca era molto affezionato al suo scombinato e patetico maestro e il suo affetto lo spingeva ad ogni forma di aiuto: garanzie di vario genere, oggetti e persino libri in prestito da impegnare. Si colloca qui l’episodio assai noto del “De Gloria” ciceroniano, libro appartenente al Petrarca e smarrito per colpa del Convenevole che, dicendo di averne bisogno per un suo lavoro, finì per impegnarlo, tradendo così la fiducia del suo allievo. Il Petrarca si era subito offerto di riscattarlo a sue spese ma il maestro, per orgoglio, voleva riservarsi quel dovere. Purtroppo non ne ebbe la possibilità materiale e fece perdere il libro al Petrarca che non se ne dette mai pace.
Il ritorno a Prato
Intorno al 1336 le strade di Convenevole e del suo grande discepolo si separarono definitivamente. Nell’aprile di quell’anno troviamo una traccia concreta della presenza a Prato del maestro, nominato professore ufficiale del comune insieme al concittadino Duccio di Amadore con un contratto quadriennale. Ma mentre per Duccio il salario risulta pagato sino al dicembre 1343, per Convenevole la registrazione si interruppe nel dicembre 1337. La sua morte è dunque da collocare ai primi del 1338. Petrarca ricorda (nella Senile citata) i funerali solenni tributati dai concittadini al vecchio maestro, che venne sepolto nei sotterranei della Cattedrale di Prato, e il conferimento di onoranze come la laurea poetica “post mortem”. I pratesi sollecitarono un epitaffio in versi al Petrarca, il quale non corrispose però a quella richiesta ribadendo il proprio rammarico per la perdita del “De Gloria”.